Herat – Afghanistan

Oggi l’Italia è subentrata agli Stati Uniti nella guida del PRT di Herat, uno di quei ‘team’ di ricostruzione provinciale con i quali la NATO vuole espandere la missione ISAF in tutto l’Afghanistan. Si tratta di 123 militari (oltre ai 200 che si occupano della gestione dell’aeroporto) che insieme a personale civile dovranno contribuire, appunto, alla ricostruzione “sociale ed economica” della provincia. In che modo? Mettendo mano al portafoglio e realizzando una serie di progetti. In vari settori. Gli americani avevano realizzato questo PRT, nel centro di Herat, nel lontano gennaio 2003. Oggi l’Italia alle 13.30 ora locale ne ha rilevata l’eredità. La cerimonia è stata blindata e solenne. Ma Hamid Karzai, presidente afghano, che era andato a inaugurare una strada da quelle parti e che tutti davano per presente, non si è più presentato. C’erano invece l’ambasciatore Usa a Kabul, Khalizad, quello italiano Sequi, e poi il capo di Stato Maggiore della Difesa, ammiraglio Di Paola, e il generale Cecchi, comandante del COI, il Comando Operativo interforze.Quanto basta, se si aggiunge qualche pezzo da 90 dell’Esercito Usa, per non escludere “qualcosa di brutto”, come doverosamente sottolinea un ufficiale italiano, rivolgendosi agli ospiti. “E se dovesse succedere correte là dentro, sono gli scantinati delle cucine, il luogo più sicuro di tutti”. Alla fine, però, tutto è filato via liscio. Sotto il sole battente, la comandante Kimberly Evans, bionda ufficiale della U.S. Navy, ha ceduto il comando del PRT al colonnello dell’Aviazione dell’Esercito Aldo Guaccio, un napoletano imponente e simpatico. Alla fine, sul pennone di Camp Vianini, come è stata ribattezzata la base in memoria dell’incursore di Marina precipitato in aereo, adesso sventola il tricolore.
Da domani si parte. “Abbiamo stanziato due milioni e 300 mila euro per una prima serie di progetti. E dobbiamo fare in fretta, perché quei soldi devono essere necessariamente spesi entro il 31 marzo 2006”, spiega Giorgio Horn, il consulente della Cooperazione presente a Herat. “Abbiamo individuato le priorità e tre ambiti di intervento: sanità, istruzione, acqua. Ma certo la situazione più urgente è l’ospedale. È lì che dobbiamo subito intervenire”. Le condizioni del cosiddetto ‘ospedale regionale di Herat “non sono accettabili”, conferma Guaccio. “E non solo per gli standard occidentali”. In effetti, è una specie di girone dantesco, sporco e sprovvisto anche delle attrezzature essenziali, dal quale gli stessi medici e gli infermieri scappano perchè pagati un’inezia.”Cominceremo dalla ristrutturazione delle cucine – spiega Horn – e poi andremo avanti con impianto idrico, quello per smaltire i rifiuti, la distribuzione di ossigeno e il rifornimento di farmaci”. Dall’ospedale alle scuole (“Ne costruiremo una per ognuno dei 10 distretti della provincia”) all’acqua potabile (“La porteremo in tutti i villaggi”), ma questa è solo la prima fase. In campo c’è anche un secondo progetto del ministero degli Esteri, questa volta triennale, in fase di elaborazione finale: lo stanziamento dovrebbe aggirarsi sui 10 milioni di euro. E a tutto ciò si aggiungeranno i fondi che stanzierà la Difesa per l’attuazione di altre iniziative delegate alla cellula CIMIC (Cooperazione civile-militare) del Prt. “C’è tutto quello che serve per far bene” afferma Guaccio. Gli fa eco l’ammiraglio Di Paola: “Siamo fortemente determinati a farci onore, anche in nome di chi è caduto per questa missione”. L’operazione dell’esercito nel PRT di Herat è stata battezzata “Praesidium” mentre l’Aeronautica che schiererà o0ltre 200 uomini nella base aerea avanzata di Herat posta sotto comando spagnolo ha chiamato la sua operazione “Nidus Aquilae”. All’Italia spetterà anche il coordinamento di tutte e quattro i PRT che si trovano nell’area occidentale del paese: oltre ad Herat, quello di Farah (che sarà gestito dagli Usa), Baqhdois (Spagna) e Ghowr (Lituania). Il coordinatore regionale sarà il generale di Brigata Giuseppe Santangelo, già direttore del Dipartimento Difesa Civile dello Stato Maggiore Difesa. La nuova missione italiana in Afghanistan “non è a tempo”, viene sottolineato, ma se non può dirsi oggi quanto durerà, quello che è certo è che sarà in pieno svolgimento quando, ad agosto, l’Italia assumerà anche il controllo dell’intera missione ISAF, attraverso il comando NATO di Solbiate Olona: per un periodo di circa 8 mesi saranno circa 2.000, complessivamente, i militari italiani schierati in Afghanistan.

( Ansa ) – dell’inviato Vincenzo Sinap

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